Competenze relazionali e ambienti digitali

Una cultura partecipativa è una cultura con barriere relativamente basse per l’espressione artistica e l’impegno civico, che dà un forte sostegno alle attività di produzione e condivisione delle creazioni e prevede una qualche forma di mentorship informale, secondo la quale i partecipanti più esperti condividono conoscenza con i principianti. All’interno di una cultura partecipativa, i soggetti sono convinti dell’importanza del loro contributo e si sentono in qualche modo connessi gli uni con gli altri. (Henry Jenkins, Culture partecipative e competenze digitali, Milano, Guerini, p. 57)
Nella scuola secondaria la relazione educativa tra insegnanti e alunni viene mediata da alcuni fattori che possono innescare e determinare l’efficacia delle metodologie e delle strategie didattiche, il consolidarsi della motivazione, il raggiungimento del successo formativo. Di fronte ai mutamenti del contesto normativo di questi ultimi anni la professionalità docente emerge in tutta la sua complessità come il crocevia di una serie di competenze specifiche: quelle culturali e psico-pedagogiche, che consentono di inquadrare le problematiche dello sviluppo degli adolescenti e di declinarle sui loro interessi e bisogni; quelle professionali, che si riferiscono ovviamente alla conoscenza del proprio ambito disciplinare senza tuttavia escludere i collegamenti che, nell’ottica della trasversalità dei saperi, uniscono materie affini e adiacenti. Vi sono poi le competenze metodologiche e didattiche, che aiutano a curvare i contenuti delle discipline sulle strategie da mettere in atto nel processo dell’insegnamento-apprendimento: la progettazione curricolare e la programmazione didattica; i criteri di valutazione e le varie fasi della verifica; la documentazione del processo formativo, come strumento di archiviazione nella memoria storica dell’esperienza docente ma anche come opportunità di condivisione della prassi formativa per l’intera organizzazione scolastica.

Tra questi saperi della professionalità docente, le competenze relazionali rappresentano indubbiamente un elemento chiave del processo formativo, un collante strategico del lavoro in classe: le relazioni, insieme alle conoscenze e ai valori che la scuola trasmette, implicano una didattica che da lineare ed unidirezionale diventi circolare e negoziata. Le relazioni, inoltre, richiedono una modalità di comunicazione fondata sulla reciprocità e sull’ascolto piuttosto che sulla trasmissione unidirezionale delle conoscenze. L’insegnante “incoraggiante” deve ovviamente puntare a sviluppare nell’alunno autostima, fiducia, sicurezza, interesse sociale, capacità di cooperare e di sviluppare attività. Nello stesso tempo il docente deve anche essere capace di comprendere la realtà specifica del singolo alunno, acquisendo consapevolezza degli eventuali problemi che possono derivare dalla sua storia personale oppure dall’ambiente familiare di provenienza. La mediazione didattica degli insegnanti rappresenta pertanto un processo di facilitazione per favorire un apprendimento efficace, incoraggiando esperienze di successo, sviluppando interessi e motivazioni allo studio: aprendo in sostanza un circolo virtuoso e un dialogo proficuo tra chi insegna e chi impara. Molto si è discusso poi sull'apprendimento che proviene dall'esperienza professionale (L.Mortari, Apprendere dall'esperienza, Roma, Carocci; Fabbri, Striano, Melacarne, L'insegnante riflessivo, Milano, Angeli). Se l’ottica della scuola moderna è sempre più quella di un’organizzazione che apprende – dalle sue stesse esperienze, dagli stessi processi che è in grado di innescare – è vero, peraltro, che tale atteggiamento non potrà che avvenire all’interno di contesti di rifessività e di categorizzazione del proprio impegno professionale. La competenza riflessiva concorre dunque al riesame dei processi e alla costruzione di nuovi saperi: la scuola come grande comunità di pratiche educative diventa, grazie alla riflessività, uno strumento di crescita professionale e di revisione continua del proprio lavoro. Negli ultimi anni la consistente introduzione di tecnologie didattiche anche nella scuola ha provocato nei docenti interessi ed entusiasmi ma anche disorientamento e perplessità sull’impiego di queste strumentazioni che hanno peraltro la caratteristica di cambiare sostanzialmente non solo il clima educativo della classe ma soprattutto il processo dell’insegnamento-apprendimento. Quando nella scuola si fa riferimento alle tecnologie dell’ultima generazione si allude sostanzialmente alla Lavagna interattiva e all’uso della rete come supporto, strumento e contenitore della didattica digitale: queste due risorse – unite ad una rinnovata veste della lezione frontale (che resta probabilmente il più efficace strumento, sebbene di tipo istruzionale) – possono effettivamente mutare alcune variabili del processo formativo: l’attenzione in classe, l’interesse individuale, la partecipazione e la collaborazione (sia individuale che di gruppo), la cooperazione si singole fasi delle unità di apprendimento.

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La nuova grammatica della rete – con l’avvento dell’interattività del web 2.0 – ha cambiato anche l’alfabetizzazione necessaria per interloquire con lo strumento; ha spostato le abilità dalle funzioni interattive di controllo e di comando, tipiche della tecnologia, verso una capacità collaborativa in grado di promuovere il coinvolgimento nella comunità virtuale. La cultura partecipativa della rete – in cui gli studenti di oggi sono immersi quotidianamente in attività multitasking – rende possibile per chiunque attività come l’archiviare, il commentare, l’appropriarsi e il rimettere in circolo contenuti mediali in modalità nuove e creative. L’esigenza di un impiego partecipativo dei media è una costante registrata in numerose ricerche empiriche effettuate soprattutto in area anglosassone sulle varie tipologie di apprendimento dei cosiddetti nativi digitali: i contributi di Howard Rheingold e Henry Jenkins, le analisi Ipsos Mori (2007) e Becta (2008) analizzate da Paolo Ferri (I nativi digitali, Milano, Mondadori) evidenziano una netta discrepanza tra le pratiche di apprendimento solitamente adoperate in classe (copiare alla lavagna, ascoltare le spiegazioni, prendere appunti) e le preferenze degli studenti (lavorare in gruppo, apprendere usando il computer). I risultati di queste analisi sottolineano una forte crescita dei comportamenti di ricerca/esplorazione nell’apprendimento, rispetto ai comportamenti acquisitivi e passivi di ricezione dei contenuti e soprattutto una spiccata tendenza alla collaborazione/cooperazione tra pari in un contesto multitasking: messaggiare con il telefonino, navigare e chattare in rete mentre si stanno facendo i compiti a casa è infatti una delle occupazioni principali degli studenti, non solo italiani. “La cultura partecipativa – scrive Jenkins – sta emergendo man mano che la cultura assorbe – e reagisce – all’esplosione delle nuove tecnologie mediali che rendono possibile, per il consumatore medio, attività come l’archiviare, il commentare, l’appropriarsi e il rimettere in circolo contenuti mediali in nuovi e potenti modi. Concentrare l’attenzione sull’ampliarsi dell’accesso alle nuove tecnologie non ci porterà lontano se non pensiamo anche a promuovere le competenze e le conoscenze culturali necessarie per utilizzare questi strumenti al fine di raggiungere i nostri scopi”. È ovvio che questa realtà pone gli insegnanti di fronte alla necessità di ridefinire, o definire per la prima volta, un setting didattico in grado di interloquire con i notevoli cambiamenti che i nuovi media hanno provocato nei confronti di una percezione tradizionale dell’insegnamento. Un aspetto che dovremmo considerare a livello preliminare è certamente quello della formazione tecnologica dei docenti, le loro competenze e la loro cultura digitale, anche nel senso di una convergenza tra le prassi didattiche consolidate e strutturate e la versatilità-flessibilità dei nuovi media. In secondo luogo, sarebbe utile prendere in considerazione (a) la dimensione costruttivista dell’apprendimento collaborativo mediato dalle tecnologie; (b) gli ambienti di apprendimento, che a questa prassi si ricollegano in modo esplicito e la naturale capacità di dialogo orizzontale tra le tecnologie e i processi di apprendimento contestualizzato e partecipativo. Sul primo versante gioca un ruolo importante la LIM come occasione per integrare la lezione frontale, per decostruire i contenuti ritessendone gli snodi significativi e portatori di senso; sul secondo - quello degli ambienti digitali - risultano molto interessanti gli strumenti collaborativi come il Blog didattico, la WebQuest, il modello Jigsaw, che innovano la didattica e la relazione educativa tra l’insegnante e il gruppo-classe.