Esplorata in ogni sua parte da una bibliografia vastissima, la piú ricca in assoluto tra gli autori della nostra letteratura,
la vita e l'opera di Dante Alighieri continuano ad attirare l’attenzione di studiosi e interpreti: difficile, quindi, una ricognizione onnicomprensiva delle infinite proposte di quella vicenda artistica e filosofica insieme. Anzi la ricchezza innovativa di Dante emerge via via con maggiore chiarezza al momento della scelta del volgare italiano come lingua della poesia e della cultura in genere, senza ulteriori indugi e con una consapevolezza ineccepibile, assolutamente moderna.
Gli anni compresi tra il 1283 e il 1295 sono quelli in cui Dante compone la maggior parte della sua produzione lirica giovanile, che comprende oltre alla
Vita nuova anche
Il Fiore e il
Detto d’Amore, due poemetti a lui attribuiti dalla critica.
L’esperienza intellettuale di Dante viene profondamente segnata dal motivo biografico dell’esilio, che matura in
un quadro di violenti conflitti politici, e tuttavia sopportato con dignità e fermezza morale. Questa vicenda produsse una lacerazione affettiva e personale oltre che materiale ed economica, mentre cresceva, nella sensibilità dell’intellettuale «sradicato», la convinzione di essere una vittima delle fazioni e del loro gioco violento per il potere. Ma sopra ogni altro aspetto, la tragedia dell’esilio operò in Dante nella direzione di un reale sganciamento culturale da Firenze, e provocò sul versante letterario una forte accelerazione nel processo di superamento dello stilnovismo giovanile, con la crescita di una problematica sovra-municipale e etico-civile della letteratura.
Lo svolgimento di contenuti linguistici e filosofici nel
De vulgari eloquentia e nel
Convivio segnava un’intenzione chiara dello scrittore: ridefinire gli strumenti di un percorso inevitabile a fianco del volgare come lingua di grande dignità letteraria, e insieme prendere coscienza che queste premesse corrispondevano a una trasformazione in senso laico della cultura. La creazione di una letteratura extra-municipale parte proprio dalla scelta del volgare in quanto strumento di divulgazione e di apertura al nuovo ceto intellettuale.
Nel
De vulgari eloquentia il volgare trova una sistemazione, un riordinamento generale, e non soltanto dal punto di vista linguistico ma anche letterario. Dante si fa critico della letteratura italiana, riconosce i propri debiti nei rispetti della tradizione, ma esprime anche giudizi molto duri verso alcuni poeti a lui contemporanei come Bonagiunta da Lucca o Guittone d’Arezzo. Dante si rivolge ai dotti e a una cerchia di specialisti con l’intenzione di difendere la nobiltà del «volgare illustre», per esaltarne le doti e le capacità letterarie: ha bisogno perciò di scrivere in latino per dare credibilità scientifica a un messaggio che è indirizzato a una
élite culturale. Nel
De vulgari si affrontano anche questioni di metrica e si procede a un sondaggio dei generi lirici, in primo luogo la canzone e il sonetto.
La ricchissima argomentazione letteraria e filosofica, politica ed estetica, umana e teologica che Dante compie attraverso la poesia della
Commedia ha dato luogo nel tempo a una straordinaria fioritura di interpretazioni e letture critiche. Risulta quasi impossibile tenere presenti i contributi che sull’opera dantesca, e in particolare sulla
Commedia, sono stati scritti nel corso dei sette secoli che ci separano dalla prima diffusione del poema.
Il
motivo allegorico della
Commedia ha costituito da sempre uno degli aspetti piú significativi dell’ermeneutica dantesca: su questo argomento è possibile svolgere una ricognizione interdisciplinare con riferimenti artistici e filosofici a gran parte della cultura medievale.
Piú di ogni altra opera, la
Commedia rappresenta un’idea assolutamente nuova nella letteratura del Trecento. In primo luogo Dante è consapevole del suo ruolo di precursore e fondatore di una tradizione italiana del tutto autonoma rispetto ai provenzali o alla cultura latina medievale. Nella
Commedia Dante non rispecchia piú la gerarchia degli stili e del linguaggio proposti a suo tempo nel
De vulgari, ma mette a frutto un plurilinguismo e un pluristilismo in cui si trovano insieme tragedia, commedia ed elegia; stile alto e stile basso; lingua dotta e voci gergali;
sermo humilis e linguaggi tecnici.
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