Il termine testo deriva dall’uso figurato di textus,
participio passato del latino texere: esso è dunque una
metafora che restituisce l’immagine di un tessuto. Il complesso
linguistico del discorso è strutturato attorno a legami, rapporti,
relazioni di ordine morfologico e sintattico proprio come i fili di una
stoffa, intrecciati in senso verticale e orizzontale a costituirne,
appunto, l’ordito e la trama.
Tuttavia anche una produzione linguistica orale è un testo, purché
rispetti certi criteri. Si pensi alle trasmissioni radiofoniche, alla
conferenza di un noto scienziato, ad un genitore quando racconta una
fiaba al bambino, ad un annuncio con l’altoparlante alla stazione
ferroviaria.
Quali sono, allora,
gli elementi per stabilire se siamo o non siamo
in presenza di un testo? Intanto sono indispensabili un emittente e un
destinatario, un messaggio orale o scritto, ma anche una reale
intenzione comunicativa da parte dell’emittente con lo scopo di ottenere
un qualche effetto sul destinatario. In questo senso, sia la
Divina commedia di Dante Alighieri che la semplice parola Avanti scritta
su un cartello possono essere considerati dei testi: in quest’ultimo
caso sarà il contesto situazionale a conferire all’espressione il suo
corretto significato. Se il cartello si trova sulla porta d’ingresso di
un ufficio comunale, esso comunica un preciso messaggio in quanto fa
riferimento alle conoscenze generali del destinatario e alla capacità da
parte del ricevente di decodificarne il contenuto.
Possiamo concludere che un testo è “un messaggio – orale, scritto o
trasmesso – prodotto in una determinata situazione da un emittente, per
trattare un argomento, con l’intenzione di ottenere un effetto su un
destinatario”. [Sabatini: 2011, 541].