Cielo d'Alcamo

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Il nome di Cielo d’Alcamo (errata è la variante Ciullo) è legato alla poesia Rosa fresca aulentissima, componimento dialogato (o contrasto) di 160 versi in stanze di tre alessandrini e due endecasillabi, rimati AAABB. Il testo è conservato adespoto da un unico esemplare, il codice Vaticano Latino 3793, ma attribuito a Cielo d’Alcamo da autorevoli fonti (tra cui il filologo umanista Angelo Colocci). I modi stilistici del contrasto, benché fortemente permeati di soluzioni dialettali tipiche della poesia giullaresca, rivelano una notevole cultura e fanno pensare a una stretta parentela tra l’opera di Cielo e la contemporanea esperienza dei poeti della corte di Federico II. È anzi molto probabile che Rosa fresca aulentissima costitutisca un tipico esemplare di quella produzione popolareggiante e comica che conviveva fin dagli inizi con gli esiti aulici e aristocratici della lirica d’amore dei Siciliani maggiori. Il contrasto ruota attorno al dialogo d’amore tra un giullare e una contadina, con le continue provocazioni e offerte dell’amante e le resistenze sempre piú deboli della donna.