La tradizione manoscritta della Commedia di Dante Alighieri

Le date di composizione del poema sono ancora controverse; tuttavia, la maggioranza dei critici contemporanei concorda nel ritenere che l’Inferno sia stato composto tra il 1304 (o 1306) e il 1309, il Purgatorio tra il 1309 e il 1315 circa, il Paradiso dopo il 1316 ed entro il 1321.

In assenza dei manoscritti autografi di Dante - che pure erano ancora conosciuti nel Quattrocento, come testimonia l’umanista Leonardo Bruni, autore di una Vita di Dante (1436) - i più accreditati studiosi della moderna filologia dantesca (tra cui Michele Barbi, Giorgio Petrocchi, Gianfranco Folena, Corrado Bologna) hanno lavorato a lungo per "ricostruire" il testo della Commedia attraverso il confronto tra i vari manoscritti più antichi.

Il grande numero e la varietà dei codici "apografi" (cioè copie) a noi giunti (oltre ottocento, residuo di una produzione che si stima di 1500-2000 esemplari) mostrano tuttavia che l’opera ebbe immensa diffusione e fortuna nel corso dei secoli, presso ceti sociali disparati e in vari ambienti culturali. In un frammento dei Documenti d’Amore di Francesco da Barberino (1264-1348) e nella traduzione dell’Eneide (1316) ad opera del fiorentino Andrea Lancia (1280 ca.-1360 ca., autore nel 1334 dell’Ottimo commento, una delle prime opere esegetiche al poema dantesco) si ritrovano alcune brevi citazioni tratte dalla Commedia, segno quindi che soprattutto in ambiente fiorentino almeno le prime due cantiche dovettero essere diffuse assai precocemente. Importante è anche la testimonianza dei Memoriali bolognesi, i registri notarili del XIV sec. in cui compaiono versi dell’Inferno a partire dal 1317 (canti III e V) e del Purgatorio nel 1319: segno di una notevole diffusione dell'opera in area padana e, in particolare, nell'ambiente bolognese, sede di uno dei centri universitari più prestigiosi d'Europa.

Subito dopo la morte del poeta la diffusione del testo è confermata dalla presenza di molte copie manoscritte integrali, e parallelamente crescono i commenti: di Iacopo Alighieri, figlio del poeta (nel 1322); del bolognese Graziolo Bambaglioli (le cui Chiose alla Cantica dell’Inferno sono del 1324); di Iacopo della Lana (precedente al 1330). 

La ricostruzione della "antica vulgata" del testo dantesco, secondo la definizione e attraverso il lavoro filologico di Giorgio Petrocchi, si è pertanto fondata sulla collazione di un numero abbastanza ristretto di codici, vergati non oltre la metà del XIV sec., e pertanto più vicini al 1321, anno della morte di Dante. Dal confronto di questi manoscritti, Petrocchi ha fornito (1966-67) un testo della Commedia su cui oggi si basano tutte le stampe moderne e che potremmo ritenere il più vicino possibile all'ultima volontà di Dante Alighieri. Vediamone le caratteristiche principali. 

Accanto a una "tradizione" fiorentina del testo della Commedia, che dal codice "Martini" (Mart) e dal Trivulziano 1080 (Triv) produce una rapida diffusione di copie coeve o di poco successive (Ashburnham 828, Cortonese 88), si colloca una seconda famiglia, da Petrocchi definita "Padana", il cui capostipite fondamentale è il Landiano 90 (La) della Biblioteca Comunale di Piacenza e che prosegue con il Riccardiano 1005, opera del bolognese Maestro Galvano.

Per soddisfare alle richieste di un pubblico medio-alto sempre maggiore, a Firenze si organizzarono botteghe e ateliers scrittorî (tra questi era famoso il laboratorio di Francesco di ser Nardo da Barberino, copista, tra gli altri, del Trivulziano 1080) che approntarono un testo di fattura nitida e elegante, molto sorvegliato nella trascrizione e nella veste grafica. Nasceva dunque, dopo la metà del Trecento, una tradizione - costituita in gran parte dal cosiddetto gruppo dei "Cento", secondo l'aneddoto, raccolto dal letterato Vincenzio Borghini, per cui "si conta d'uno che con cento Danti che gli scrisse maritò non so quante sue figliuole". Questa filone è destinato a una grande fortuna fino a tutto il XV secolo, con prodotti linguisticamente molto omogenei che rispondevano a una diffusa domanda del mercato, scritti con eleganza, in genere su due colonne, riccamente miniati e illustrati.

Una particolare importanza in qualità di divulgatore e copista dell’opera dantesca ebbe poi lo stesso Giovanni Boccaccio, a cui si devono alcuni codici della Commedia (tra i quali quello inviato nel 1359 al Petrarca, oggi Vaticano lat. 3199).

La prima edizione a stampa risale però alla seconda metà del Quattrocento, e uscì a Foligno, per opera di Johann Numeister di Magonza.