Il monastero

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Lo sviluppo dei monasteri nella cristianità occidentale è un fenomeno che inizia attorno alla prima metà del VI secolo grazie soprattutto all’opera di Benedetto da Norcia (480-547): per essere monaci non occorre soltanto la fede, ma è necessario alimentare questa virtú con la lettura e lo studio. I monasteri non hanno la funzione esclusiva di proteggere il Cristianesimo in un periodo di invasioni barbariche e di saccheggi, ma soprattutto riorganizzano il sapere e lo conservano nelle loro ricche biblioteche. Per secoli i monasteri hanno svolto un ruolo decisivo per le sorti della cultura occidentale: al loro interno lo scriptorium agisce come laboratorio di riproduzione di testi religiosi, scientifici, filosofici, letterari. Nelle scuole monastiche studia non soltanto il clericus, l’uomo di chiesa, ma anche chi appartiene al popolo secolare e si raduna attorno alla chiesa in cerca di protezione. In questo modo molti monasteri, come ad esempio quello di Cluny in Francia, diventarono veri e propri centri di potere economico, oltre che religioso: possedevano terre, godevano di entrate grazie ai loro prodotti. Le scuole municipali, che erano state distrutte dal passaggio delle invasioni barbariche, sono sostituite dalle scuole monastiche, che prendono il loro posto e impartiscono i primi rudimenti della lettura, della scrittura e del calcolo: il loro obiettivo è la diffusione del catechismo e della dottrina religiosa. Senza dubbio il monastero ha rappresentato per molta parte della cultura classica un luogo di sicuro riparo e di riproduzione dei codici antichi: con la diffusione dell’ordine benedettino, istituito secondo la regola della preghiera e del lavoro, i centri monastici acquisirono anche una centralità economica e politica di enorme rilevanza perché dedicarono una parte della loro attività all’agricoltura e ai commerci. Il monachesimo di San Benedetto si diffuse in Inghilterra, in Irlanda, in Svizzera (abbazia di San Gallo), in Germania (abbazia di Fulda), in Francia. Grande sostenitore del movimento benedettino fu Gregorio Magno, tra l’altro assertore del valore liturgico e propagandistico della musica e del canto.