I codici della poesia del Duecento

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La storia della tradizione testuale dei poeti stilnovisti è legata inevitabilmente alle complesse vicende che caratterizzano in generale la trascizione e la riproduzione dei testi manoscritti: sono piuttosto rari i casi in cui, della poesia e della prosa antica e medievale, si sia conservato il manoscritto originale, o addirittura l’autografo. Nel caso della poesia duecentesca, è lecito pensare che i singoli testi dovessero avere una circolazione autonoma, svincolata cioè dall’idea, che si svilupperà in tempi successivi, del «libro di rime», per non parlare del testo a stampa, la cui introduzione avverrà soltanto verso la fine del Quattrocento. La possibilità di attingere al patrimonio della lirica italiana, dai Siciliani ai Siculo-toscani, agli Stilnovisti, è affidata in sostanza a un numero esiguo di codici, senza i quali non avremmo oggi alcuna conoscenza della poesia italiana del XIII secolo. Anche se esistono moltissimi casi di codici destinati a singole opere di autori specifici, in altrettante situazioni i libri antichi erano concepiti come raccolte antologiche di testi, sia che questi riguardassero argomenti scientifici, filosofici o letterari. Relativamente ai canzonieri di rime volgari trascritti tra la fine del Duecento e i primi del Trecento, ma anche piú tardi, fino alla quattrocentesca «Raccolta Aragonese», l’impostazione delle raccolte era presieduta dal criterio antologico e strutturata seguendo un preciso ordinamento, che di solito risultava essere quello metrico. I codici piú importanti per quanto concerne la tradizione lirica precedente lo Stil nuovo, sono sostanzialmente il Banco Rari 217 [ Banco Rari 217 ] della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze; il Laurenziano Rediano 9 [ Laurenziano Rediano 9 ], conservato nella Biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze; il Vaticano Latino 3793 della Biblioteca Apostolica Vaticana di Roma [ Vaticano Latino 3793 ]. I primi due appartengono alla tipologia del «libro cortese», per usare una definizione del paleografo Armando Petrucci, legati cioè a una committenza aristocratica, membranacei, di formato medio-piccolo (circa 23-24 cm), finemente miniati e realizzati in testuale gotica da scribi di alto livello professionale, privi di commento e di glosse; il Vaticano Latino 3793 è invece riconducibile al modello del «libro-registro», che deve le sue caratteristiche (l’uso di una scrittura corsiva come la minuscola cancelleresca, il formato medio, l’utilizzo della carta) a una funzione diversa del libro, concepito ora come strumento privato e pertanto trascritto dallo stesso fruitore. Tutti e tre i codici offrono un ampio panorama della produzione poetica che va dai Siciliani a Guittone d’Arezzo, includendo i poeti minori della transizione siculo-toscana e i guittoniani, mentre gli Stilnovisti occupano soltanto una porzione marginale, dovuta essenzialmente al gusto dell’epoca e alle preferenze del copista-filologo. Per quanto concerne, in maniera piú specifica, la fortuna e la tradizione delle rime stilnovistiche, si dovrà attendere l’iniziativa filologica, nonché lirica in proprio, di alcuni tardi poeti del primo Trecento: Guido Novello da Polenta, Sennuccio del Bene, Matteo Frescobaldi e, soprattutto, Nicolò de’ Rossi (ca. 1289-ca. 1350). Si deve infatti a quest’ultimo la compilazione di una ricca antologia delle proprie rime nella quale l’autore inserisce un considerevole numero di autori dello Stil nuovo. Il codice del de’ Rossi, il Barberiniano latino 3953, [ Barberiniano latino 3953 ] è conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana, e costituisce un primo esempio di «canzoniere d’autore». Nella medesima area veneta, e sempre nella prima metà del XIV secolo, si colloca la realizzazione del codice Lat. e.III.23, meglio conosciuto con l’appellativo di Canzoniere Escorialense (in quanto attualmente conservato all’Escorial di Madrid, nella Real Biblioteca de San Lorenzo). Di fattura fiorentina è invece il ms. Chigiano L.VIII.305 [ Chigiano L.VIII.305 ]della Biblioteca Vaticana, vasta silloge di autori siculo-toscani, ma soprattutto di stilnovisti, che contiene tra l’altro la Vita nuova di Dante. Tra le raccolte piú significative del XV e XVI secolo, sia manoscritte che a stampa, si ricordano la Raccolta Aragonese, il codice Vaticano Latino 3214 di Pietro Bembo, la Giuntina del 1527, la Raccolta Bartoliniana.