Economia e politica nell'età comunale

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Con il XIII secolo la civiltà dell’Occidente medievale entra nella sua fase culminante: le tendenze che avevano cominciato a manifestarsi timidamente e sporadicamente agli inizi dell’XI secolo e che si erano via via consolidate nel corso del XII, esprimono ora tutte le loro potenzialità imprimendo alla storia europea un impulso decisivo verso la definitiva transizione al mondo moderno. Il fenomeno riguarda naturalmente la civiltà occidentale nel suo complesso, ma si manifesta in modo piú o meno marcato a seconda dei vari settori in cui si articola la vita collettiva. Fra i vari contesti che è possibile individuare e analizzare, non c’è dubbio che quello della struttura sociale, della sua composizione e dei rapporti che si stabiliscono al suo interno, è quello in cui si mostrano piú evidenti i segni del cambiamento. L’ostacolo piú grave verso una piena realizzazione dello sviluppo economico e civile, soprattutto nella società urbana, è rappresentato dalla persistenza del cosiddetto «ordine trinitario», definito già nei secoli alto-medievali (V-X), e che teorizza un modello di società articolato in tre ordini di persone: coloro che pregano (il clero), coloro che combattono (i nobili) e coloro che lavorano (il popolo). È evidente che in questo modello non c’è posto per la nuova classe sociale che si afferma nel corso del XIII secolo, cioè la borghesia urbana: mercanti, banchieri, professionisti, imprenditori, pur essendo ormai diventati l’asse portante della vita collettiva, sono esclusi dall’esercizio effettivo del potere, riservato a nobili e clero. L’inevitabile conflitto sociale è violento e rapido: vediamo nel corso del Duecento la società europea cambiare radicalmente volto, con la definitiva crisi dell’aristocrazia feudale esautorata e spesso (come a Firenze) fisicamente espulsa dalle città, e la conquista del potere da parte della borghesia mercantile. In questa conflittualità sociale che interessa l’Europa nel suo complesso, bisogna però operare delle distinzioni perché, se comuni sono le motivazioni di base, diversi sono gli esiti a cui di volta in volta e caso per caso si perviene. Per esempio, in Inghilterra la lotta antiaristocratica della borghesia risulta vincente ma comporta un’accresciuta soggezione al re: è il prezzo che la borghesia cittadina deve pagare per liberarsi dal peso dei privilegi feudali e garantirsi il rispetto delle regole e l’imparzialità delle leggi. In Germania, invece, il collasso dell’autorità monarchica (nel corso del Duecento l’imperatore si trasferirà addirittura in Italia: Federico II avrà la sua sede a Palermo) lascia le città molto piú libere ma anche molto piú indifese di fronte all’aggressività dei Signori feudali. Una parziale soluzione viene trovata da quelle città che riescono ad unirsi in alleanze e leghe (come per esempio Lubecca, Amburgo, Brema, Riga, che, con circa settanta associate, costituiscono la Lega Anseatica). In Francia si verifica una situazione ancora diversa: la consistenza e la potenza della nobiltà feudale e la relativa debolezza del potere monarchico danno origine a un continuo intrecciarsi di rivalità e ostilità fra i grandi Signori, di cui approfittano i borghesi: si inseriscono in appoggio all’uno o all’altro dei contendenti per ricavare in cambio larghi riconoscimenti di autonomia e libertà politiche. Ma è nell’Italia centrosettentrionale, fra le Alpi e il Tevere, che la borghesia urbana consegue la piú completa affermazione: le maggiori città italiane, da Milano a Venezia, da Genova a Pisa, da Firenze a Siena, diventano padrone assolute del proprio destino, e l’aristocrazia feudale è costretta a piegarsi alle leggi del Comune borghese o a scomparire.