I primi documenti in lingua romanza

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Restringendo il campo di indagine al settore dei volgari neolatini, il primo documento conosciuto in una lingua «romanza», ossia derivata dal latino, sono i cosiddetti Giuramenti di Strasburgo, che risalgono all’842. Si tratta di un testo ufficiale riportato dallo storico franco Nitardo nella sua Storia dei figli di Ludovico il Pio: con esso Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico, sovrani il primo delle regioni occidentali, il secondo di quelle orientali dell’Impero carolingio, sanciscono la loro alleanza contro il fratello Lotario, con cui erano in lotta per la spartizione delle terre. Idue sovrani con gli eserciti schierati pronunciarono la formula del giuramento dapprima in latino, e poi nelle lingue dei rispettivi popoli, ossia in franco e in tedesco. La testimonianza è di estremo interesse perché ci dimostra in maniera inoppugnabile due diverse realtà: che il latino classico era divenuto ormai incomprensibile a livello popolare; che non per questo esso era stato abbandonato, ma continuava a costituire la lingua ufficiale del potere e delle classi dirigenti. Ci sembra significativo riportare qui il testo del giuramento in lingua franca («romana lingua», come la definisce Nitardo) pronunciato da Ludovico il Germanico perché il confronto diretto tra l’antico francese e gli altri volgari neolatini (soprattutto italiano e spagnolo) farà capire come queste lingue fossero in origine vicine e come, quindi, sia stata possibile la circolazione dei primi testi letterari in lingua d’oc e in lingua d’oïl anche al di fuori dei confini francesi. Ecco il testo: «Pro Deo amur et pro christian poblo et nostro commun salvament, d’ist di in avant, in quant Deus savir et podir me dunat, si salvarai eo cist meon fradre Karlo, et in aiudha et in cadhuna cosa, si cum om per dreit son fradra salvar dift, in o quid il mi altresi fazet, et ab Ludher nul plaid numquam prindrai, qui, meon vol, cist meon fradre Karle in damno sit» («Per l’amore verso Dio e per la salvezza del popolo cristiano e nostra comune, da questo giorno in poi, per quanta saggezza e potere Dio mi donerà, cosí io sosterrò questo mio fratello Carlo, e con l’aiuto e con ogni cosa, cosí come secondo giustizia si deve sostenere il proprio fratello, a patto che egli faccia altrettanto verso di me, e con Lotario non prenderò mai nessun accordo che, per mia volontà, sia di danno a questo mio fratello Carlo»). Il periodo nel quale si collocano i primi documenti in volgare italiano è quello che va dalla metà del IX alla metà del X secolo. Per avere un documento analogo ai Giuramenti di Strasburgo in volgare italiano, in cui cioè sia chiara la coscienza e deliberata la volontà di esprimersi in una lingua alternativa a quella latina, dovremo aspettare oltre un secolo: risale infatti al 960 il Placito Capuano, una «sentenza» emessa a chiusura di una causa intentata da un privato contro il monastero benedettino di Montecassino circa il possesso di alcune terre. Le ragioni di questo ritardo sono molteplici: in primo luogo, va segnalato il disordine politico e il frazionamento particolaristico in cui versava la penisola nei secoli precedenti il Mille, con le difficoltà conseguenti a individuare una soluzione unitaria alle sparse esperienze in volgare, che pure esistevano ma non riuscivano a trovare le strutture politico-sociali necessarie per una aggregazione. Per di piú, l’unica autorità in grado di svolgere una funzione centralizzatrice, e cioè la Chiesa, adottava come sua lingua ufficiale il latino e non aveva quindi nessun interesse a favorire l’affermazione e l’ufficializzazione di una letteratura in volgare. La tradizione classica era inoltre da noi piú profondamente radicata che nelle altre parti d’Europa, e piú difficile risultava quindi il suo superamento. Infine, e questo è forse il dato fondamentale, la relativa vicinanza fra il latino e le diverse forme che il volgare andava assumendo nelle regioni italiane, vicinanza assai piú marcata che in qualsiasi altra lingua romanza, rendeva superfluo nella coscienza collettiva un impegno a costruire, affinare e usare una lingua alternativa: insomma, l’italiano è nato in ritardo semplicemente perché, per molto tempo, non se ne è sentito il bisogno.