Chansons de geste

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Le Chansons de geste sono componimenti in strofe assonanzate o rimate, con lunghezza variabile, e rielaborano in veste letteraria le res gestae (le imprese militari) di alcuni grandi condottieri. Sono articolate sulle imprese eroiche di alcuni personaggi (anche storici) come Carlo Magno e i suoi paladini. Alle origini della chanson de geste c’è in sostanza il «passato epico nazionale», un mondo arcaico che costituisce le basi della storia nazionale, insomma la memoria del popolo che riscatta se stesso attraverso le avventure gloriose di un uomo diventato modello di vita. La piú celebre delle chansons de geste è senza dubbio la [ Chanson de Roland ], la cui originaria stesura dovrebbe risalire probabilmente alla seconda metà del secolo XI. Il testo ci è giunto soltanto attraverso copie successive, come ad esempio il manoscritto di Oxford, composto in lingua anglo-normanna, e datato tra il 1125 e il 1150; oppure quello in francoveneto conservato nella Biblioteca Marciana di Venezia, della metà del XIV secolo. L’origine delle chansons de geste ha provocato alcune perplessità tra gli studiosi: un tempo ritenute patrimonio di una cultura popolare e prodotte da una lunga sedimentazione collettiva, ora si è invece propensi ad accettarle come testi relativamente piú tardi e nati con ambizioni letterarie ricalcando le imprese dei crociati e delle vite dei santi. Dunque un’origine elevata, salvo poi il ridimensionamento per un pubblico laico. Tipico prodotto della letteratura cortese è il romanzo cavalleresco non piú finalizzato o incentrato esclusivamente sulle imprese militari di un eroe, ma accompagnato da altre tematiche: il fascino per l’esotismo, l’incantesimo e la magia, l’amore inteso come rituale sociale di comportamento, come rapporto raffinato e complesso, ma anche trasgressione e adulterio. Rispetto alla chanson de geste il romanzo cavalleresco inserisce come elemento di novità proprio la tematica amorosa, autentico fatto nuovo e fattore di enorme rilevanza per il poema epico italiano (Boiardo, Ariosto e Tasso). Nel genere cavalleresco si segnalano per la loro importanza i romanzi del ciclo bretone, ispirati alla figura del mitico Re Artú, vissuto alla fine del VI secolo. I romanzi di Chrétien de Troyes, attivo tra il 1160 e il 1191), sono forse l’esempio piú significativo del romanzo cavalleresco: articolati intorno alle vicende di Re Artú e dei cavalieri della Tavola Rotonda, le opere di questo scrittore (Erèc et Enide, Cligès, Lancelot, Perceval, Tristan) cominciarono a circolare in Italia già dai primi anni del XII secolo. Comunque è dalla prima metà del Duecento che questi materiali si diffondono piú frequentemente, soprattutto nell’Italia centro-settentrionale, dando luogo non soltanto a letture ma a vere e proprie imitazioni. Si ricordi il Meliadus di Rustichello da Pisa (un poema d’argomento bretone), oppure tutta una serie di poemi d’ispirazione carolingia per lo piú anonimi (Geste Francor, Entrée d’Espagne, Huon d’Auvergne), tutti testi scritti in volgare francese (lingua d’oïl). Altri componimenti in lingua volgare italiana sono ad esempio il Tristano Riccardiano (chiamato cosí perché conservato nella Biblioteca Riccardiana di Firenze) o altre opere come il Gismirante, Brito de Brettagna, Ponzela Gaia ecc. tutti di ispirazione bretone e diffusi in una cerchia ristretta e aristocratica di lettori.