Il De vita solitaria

  Stampa la pagina << indietro
Cominciato nel 1346, pochi anni dopo il Secretum e un anno prima del De otio religioso, la Vita solitaria testimonia insieme con gli altri due trattati un momento particolare della vita del Petrarca: l’inizio, cioè, di una fase in cui agli entusiasmi giovanili sono subentrati un ripiegamento interiore e un’accorata riflessione sulla vanità delle ambizioni mondane. L’ispirazione ascetica è senza dubbio sincera, ma si tratta pur sempre di un ascetismo mediato dalla concezione umanistica che si è ormai sostituita al rigorismo morale del Medioevo: la «vita solitaria» è infatti concepita dal Petrarca non come eremitaggio e penitenza, ma, classicamente, come un appartarsi dalle preoccupazioni del mondo per rifugiarsi in un otium (ozio) allietato dagli studi, dallo spettacolo di una natura piacevole e dalle amicizie. «Sia l’ozio modesto e dolce, non arcigno», scrive il poeta; «Sia la solitudine tranquilla, non feroce: solitudine, appunto, non selvatichezza». Anche nel suo momento di maggiore ripensamento religioso, insomma, il Petrarca dimostra di non sapersi staccare dai suoi ideali umanistici di laboriosità, dignità, socialità.