Il Canzoniere: "opera aperta"

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Come già era accaduto con Dante nella Commedia, anche nel Canzoniere siamo in presenza di un personaggio che dice «io» e sviluppa una materia dichiaratamente autobiografica. Tanto Dante che Petrarca assumono nelle loro opere il ruolo di personaggio-poeta, interprete e contemporaneamente autore del testo letterario: solo che il meccanismo dantesco vuole tentare una rappresentazione dell’universale, enciclopedica, assoluta, mentre la scelta di Petrarca cade su una dimensione molto piú limitata, esistenziale, individuale. A questo proposito il poeta dice di volere comporre dei fragmenta, e non un’opera ambiziosa, unitariamente costruita: le dichiarazioni di Petrarca sono certamente velate di falsa modestia, perché nell’intento dell’autore c’era invece la volontà di organizzare una materia articolata, complessa, perfettamente disposta tanto in senso quantitativo che qualitativo. Petrarca non adopera mai il termine di Canzoniere per indicare la sua produzione lirica in volgare: questo è un titolo che piú tardi, nel Cinquecento, verrà dato dagli imitatori del poeta, in un generale crescendo di popolarità addirittura europea. Petrarca adoperava per le sue poesie il titolo meno impegnativo di Rerum vulgarium fragmenta («Frammenti di cose volgari»), ed era solito chiamare i suoi componimenti con l’appellativo di nugae (o nugellae, cioè «poesiole»), ad indicare un andamento occasionale, il carattere sperimentale e l’impegno breve di quella produzione. Perciò il carattere frammentario della raccolta esiste soltanto in astratto: in realtà Petrarca costruisce un vero e proprio codice di riferimento per tutta la lirica moderna, articolando nel Canzoniere 366 componimenti, uno ogni giorno se si eccettua il sonetto proemiale, divisi in 317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate e 4 madrigali sapientemente e accuratamente disposti all’interno del corpus poetico. Alla fine risulta che il Canzoniere è il luogo dell’unità della poesia, una unità indiscutibile proprio perché a lungo cercata, desiderata, costruita: spazio chiuso e intelligentemente dosato nell’uso della parola, e contemporaneamente opera aperta alla continua rielaborazione e autocorrezione. Un lavoro, quello della composizione e della riorganizzazione, che è durato per almeno quattro decenni, dal 1332-35 fino alla morte del poeta, e che ha reso il Canzoniere una sorta di work in progress, un enorme laboratorio viaggiante della scrittura privo di forma e sempre in cerca di una forma, il piú tipico e drammatico esempio di come e quanto la letteratura sopravviva nel segno di un’angosciante precarietà. La ricerca della perfezione non si conclude mai con un successo pieno: Petrarca torna continuamente sopra i propri testi correggendoli, rivedendoli e migliorandoli, ma senza mai essere soddisfatto del proprio lavoro, e anzi confermando l’idea che la poesia è soltanto un tentativo di avvicinamento alla verità, a un valore definitivo e ultimo che tuttavia sfugge.