Francesco Petrarca

petrarca_altichieroLa densa vicenda letteraria di Francesco Petrarca apre un varco tra le resistenze della Scolastica: raccogliendo l’eredità dantesca, in realtà assai piú consistente di quanto lo stesso Petrarca volesse dare ad intendere, la scrittura poetica dell’artista diviene l’espressione di una professionalità e di un mestiere che già anticipano gli studia humanitatis del Quattrocento italiano. Se Dante ha rappresentato il modello dell’intellettuale esiliato ma impegnato nella difesa di una sostanza morale e politica della letteratura, al contrario la posizione di Petrarca si definisce nella scelta di una progressiva autonomia e disimpegno dalle cause civili e ideologiche. Si segua da vicino il percorso dell’intellettuale Petrarca: egli instaura non pochi contatti con il mondo della cultura ufficiale e accademica all’università di Bologna, dove stringe importanti amicizie; prende gli ordini minori con la garanzia di usufruire di benefici ecclesiastici, rendite e canonicati; frequenta la corte pontificia di Avignone. Sceglie, dunque, una condizione che lo pone a metà strada tra il clericus e l’intellettuale laico, ma che gli conferisce agiatezza economica, prestigio sociale e soprattutto la possibilità di frequentare biblioteche e luoghi di cultura. La professione del letterato si orienta, in Petrarca, verso una mondanità raffinata e colta, prima presso la curia pontificia, poi nelle corti dell’Italia settentrionale, sempre difendendo un cosmopolitismo intellettuale e una consapevole autonomia, piú che una reale esigenza di impegno politico. Nella veste specialistica di filologo e studioso del mondo classico, Petrarca è in grado di valorizzare, interpretare e custodire gli auctores dell’antichità attraverso la realizzazione di un’eccezionale biblioteca personale. Dopo la composizione dell’Africa, il poema composto in esametri sul modello dell’Eneide di Virgilio, Petrarca venne incoronato in Campidoglio con l’alloro letterario, ottenendo cosí una fama oramai internazionale: idealmente egli si riallacciava alla tradizione classica, non solo nella scelta dei generi letterari, ma anche nel modo di atteggiarsi e di presentare la nuova funzione del letterato. È evidente allora la preminenza della lingua latina sul volgare, che Petrarca collocò in un luogo marginale, ma solo apparentemente, della propria produzione, riservandolo al Canzoniere e ai Trionfi. Ed una conferma di questo atteggiamento si trova nella lunga elaborazione del Canzoniere, che attraversò ben nove «forme» distinte prima di giungere a quella definitiva. Il latino del Petrarca volle essere una lingua nuovamente letteraria, destinata alla poesia, alla prosa d’arte, al genere epistolare, dalla cui letteratura riprendere anche i generi e i metri: il poema epico, il genere epistolare, l’esametro. Sulla scorta di quanto già la cultura latina aveva prodotto (Cicerone, Seneca), Petrarca attribuí all’epistolario una posizione di preminenza all’interno della propria attività: le epistole vengono ripartite in varie raccolte, con una consapevolezza letteraria che libera il testo dal suo valore privato, comunicativo, per attribuirgli la qualità di un’esecuzione straordinaria ed esclusiva. Petrarca compone e ordina le Familiares, le Sine nomine, le Metricae, le Seniles e le Variae con la cura che spetta alle opere maggiori: i contenuti delle lettere variano a seconda della raccolta, ma sempre emerge la componente autobiografica, vero segno distintivo della scrittura petrarchesca. PetrarcaIl Canzoniere, le Epistole, e la Posteritati rappresentano da questo punto di vista la volontà di costruire un’immagine pubblica e ideale di sé, un’immagine che tuttavia non coincide con quella reale del poeta. Lo scrivere e il parlare della propria intimità si collega a una prestigiosa tradizione culturale in cui confluiscono gli autori della classicità latina e il cristianesimo platonizzante di Sant’Agostino, nelle cui Confessiones il Petrarca vede un messaggio di contemplazione penitenziale. Testimonianza diretta di questo intimismo letterario sono i trattati morali: il De vita solitaria, il De otio religioso, il Secretum. vat_lat_3196_abbozziPrima di giungere alla definitiva e ultima stesura (Petrarca lasciò intendere dalle sue postille un’eventuale aggiustamento della raccolta), il Canzoniere ha attraversato un lungo periodo di assestamento, di costruzione e disposizione della materia: la forma finale dell’opera, il codice Vaticano Latino 3195, in gran parte autografo, rappresenta l’ultimo livello di intervento del poeta. Molte delle forme intermedie, dalla forma Correggio (per Azzo da Correggio) alla cosiddetta Chigi, erano infatti dedicate e indirizzate a príncipi e signori dai quali il poeta ricevette protezione e sostegno. All’interno del libro il tema dominante è quello dell’amore del poeta per Laura, donna immaginaria e insieme reale, senhal trobadorico e metafora della stessa poesia. Petrarca scrive di averla incontrata il 6 aprile del 1327, dopo il quale se ne è innamorato: lungo questo filo conduttore si dispongono altri motivi che arricchiscono la storia. Il poeta celebra la natura, i luoghi visitati da Laura, i gioielli e gli oggetti che le appartengono; opera un confronto tra la donna e alcune divinità mitologiche (Dafne, Venere); rievoca la passione dolorosa e angosciante che avviene nel momento in cui Laura è assente. La seconda parte del Canzoniere si apre con la canzone I’ vo pensando, et nel penser m’assale: ora Petrarca racconta la fine dell’amore (Laura è morta), la memoria del tempo perduto, il rimpianto e il pentimento del poeta alla luce di molte sue responsabilità morali.  

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