Cambiare i paradigmi dell’educazione

Tra gli insegnanti che utilizzano le tecnologie si riscontrano alcune tendenze: usano risorse didattiche proprie e materiali autoprodotti in modo individuale o in gruppi di lavoro; anche quando impiegano materiali che provengono da Internet o dal libro di testo, cercano di trasformare questi contenuti in qualcosa di diverso; sanno veicolare, organizzare e gestire i contenuti digitali in vari formati: come semplici documenti di testo o come presentazioni; in ambienti di condivisione, all’interno di blog, in piattaforme dedicate. Certi segmenti della lezione frontale sono stati sostituiti da mappe tematiche, schemi e brainstorming, magari impiegando, dentro la cornice della Lavagna Interattiva, applicazioni on line da esportare come immagini, pdf o con codice embed. Con quale risultato? Troppi passaggi, troppi strumenti.

Come accompagnare, allora, lo sviluppo di esperienze, di contenuti e materiali didattici per un nuovo curricolo letterario del XXI secolo? Molti sarebbero tentati di rispondere: “con le tecnologie”. In realtà non è così semplice applicare le tecnologie, non è così immediato ottenere successi nell’apprendimento utilizzando le ICT.

Quello che è fondamentale, invece, è che i docenti possano utilizzare architetture on line capaci di interpretare al meglio e in modo flessibile le opportunità del web di ultima generazione.

Qual è il contesto normativo nel quale si posiziona questa potenziale rivoluzione nella didattica dell’italiano? Sul piano degli interventi legislativi abbiamo alcune cornici di riferimento:
  • La Buona Scuola cc. 56-59
  • Piano Nazionale “Scuola Digitale”.
  • Piano Operativo Nazionale “Per la scuola”
 
Ambienti per la didattica digitale integrata
Occorre investire su una visione sostenibile di scuola digitale, che non si limiti a posizionare tecnologie al centro degli spazi, ma che invece abiliti i nuovi paradigmi educativi che, insieme alle tecnologie, docenti e studenti possono sviluppare e praticare.
Piano Nazionale Scuola Digitale, Ambienti per la didattica digitale integrata - Azione #4, p. 43. 
http://www.istruzione.it/scuola_digitale/allegati/Materiali/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf
  Cosa significa “Cambiare i nuovi paradigmi dell’educazione”?  

Il video animato di Sir Ken Robinson è fin troppo noto. In breve egli cerca di delineare il cambiamento che è in atto nei sistemi educativi: certo, non tutto quello che vi si afferma è attuabile, non sempre l'innovazione dipende dalle tecnologie, ma è innegabile la necessità di una revisione profonda del modello formativo.

Questo significa intanto adottare come prospettiva di fondo il fatto che le metodologie precedono le tecnologie, e che le prime sono più importanti delle seconde. Tuttavia le tecnologie sono oggi una parte fondamentale della conoscenza: spesso la determinano, la favoriscono, la diffondono. E offrono opportunità di studio e lavoro. In ogni caso, affinché le tecnologie digitali possano svolgere davvero un ruolo integrato nel processo di formazione e istruzione è necessario che esse vengano strutturate come una cornice operativa, per esempio all'interno di ambienti Open Learning, in cui al centro vi sia il ruolo dell’insegnante come progettista e designer delle situazioni di apprendimento, cioè di apprendimenti in contesti situati o simulati.

Quando si parla di setting dell’apprendimento si intendono, infatti, non solo gli spazi e gli strumenti (che non sempre dipendono dall’insegnante) ma soprattutto le condizioni e i contesti in cui avviene l’esperienza cognitiva di immersione nei saperi. Quando questo avviene in modo efficace lo studente esce dalla classe e non si accorge che l’ora è già passata: di solito questo produce l’effetto “passione”, quello rappresentato da Recalcati ne L’ora di lezione o evocato da Brecht nella poesia A chi esita. Ci si appassiona, o ci si dovrebbe appassionare alla letteratura, alla scienze, all’economia, alla tecnologia.

Per abilitare i nuovi paradigmi dell’educazione è anche necessario rivedere il curricolo della disciplina: i programmi, così come vengono ancora posti al centro dell’ora di lezione, sono la garanzia “epistemologica” di una didattica trasmissiva, sono l’assicurazione sulla vita che le modalità di erogazione dei saperi non si discosteranno dalla lezione frontale e da una modalità trasmissiva.

La frontiera della didattica digitale si è spostata sempre più da applicazioni complesse e da oggetti chiusi, che replicano la dimensione cartacea a scenari che prefigurano una fruibilità scalare e dinamica, flessibile e modulare, sempre connessa alle risorse disponibili.

Di cosa hanno allora bisogno gli insegnanti? Di un ambiente digitale funzionale al lavoro in classe e che sia disponibile ovunque. E poi di un ambiente con cui fidelizzarsi, che i docenti possano contribuire a migliorare e ad implementare; di un ambiente che sia immediatamente produttivo e autoriale, che riunisca in un solo strumento tutte le funzionalità delle troppe applicazioni che finora sono stati costretti ad utilizzare.

In che senso oggi insegnanti e studenti possono agire sullo stesso piano, ricollegando insegnamento e apprendimento in un unico processo dinamico?

Mai come in passato, insegnanti e studenti hanno l’opportunità di ritrovarsi insieme, immersi nello stesso contenitore culturale in cui il sapere viene veicolato in forme diverse. La forma-libro è diventata nel frattempo una dimensione a scelta multipla: cartaceo, audiolibro, animato, tridimensionale, liquido, digitale nei formati dell’e-book, dell’enhanced book e del crunched book. E poi all’orizzonte il libro collaborativo, il libro autoprodotto dalle comunità di pratiche, da quella cultura partecipativa che si è aggregata nei luoghi social della rete, moltiplicando le risorse attraverso le grandi biblioteche on line. Si tratta di una frontiera in cui i valori dell’umanesimo classico e delle grandi strumentazioni culturali del passato – come la scrittura, il testo cartaceo, la parola – vengono arricchiti non solo da nuove forme e paradigmi, ma anche da stili comunicativi, da procedure e processi che trasformano il modo di insegnare, le sue architetture spazio-temporali, le sue prospettive e funzionalità.

Del resto la continuità con il passato e il legame tra ieri e domani non sono mai venuti meno. Neppure oggi, con la ripresa in modi diversi delle logiche argomentative e della retorica della narrazione. E con la necessità di una revisione profonda del curricolo d’italiano. Che cosa vuol dire infatti raccontare il “Made in Italy”? Che cosa sono gli ambienti di digital storytelling o i laboratori di creatività digitale se non revisioni, riletture, sfide interpretative che trasformano il passato per guardare al futuro?

Quali sono la direzione e l’approdo di questo nuovo Umanesimo digitale? Un ambiente Web semantico, scalare, componibile, che permetta a docenti e studenti di operare sui documenti digitali lavorando in classe utilizzando soluzioni Bring Your Own Device.

Ma per fare cosa?

Per triangolare sulle discipline 1) gli ambienti digitali, 2) la didattica laboratoriale, 3) la didattica per competenze. Ma soprattutto per lavorare sul design di un apprendimento generativo delle discipline.

Cosa vuol dire? Vuol dire utilizzare le potenzialità cognitive dei saperi disciplinari e delle esperienze interdisciplinari per trasformare la conoscenza “inerte” in forme di istruzione ancorate alla realtà, situate in contesti vivi: nei compiti di realtà, nella simulazione di quadri di riferimento, nei project works, negli scenari. Strategie istruzionali, modalità, tecniche e stili di insegnamento capaci di generare una trasformazione della conoscenza.