Didattica Laboratoriale

La didattica laboratoriale è un costrutto pedagogico che ha avuto – seppure con differenti accezioni – una larga fortuna nella scuola del Novecento. Tuttavia è stata spesso confusa con la «didattica in laboratorio», che è altra cosa e con altre finalità rispetto a quello che un’ampia letteratura scientifica intende nel panorama attuale. Lo spazio del laboratorio – vissuto come luogo dell’extraclasse in cui articolare, progettare e realizzare percorsi di ricerca, di approfondimento, di lezione decentrata – ha avuto indubbiamente il merito di allargare lo sfondo e la ricchezza interna dei saperi, del loro statuto epistemologico, dei meccanismi che regolano il loro funzionamento e il ruolo che essi svolgono nella società contemporanea e nel mondo del lavoro. Con il riordino dei cicli questa modalità di lavoro didattico è definitivamente entrata a far parte del sistema e torna in maniera costante nei riferimenti normativi degli Istituti Tecnici e Professionali.In effetti, mentre nelle Linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento degli Istituti professionali (Direttiva 65 del 28 luglio 2010 in applicazione del DPR. 15 marzo 2010, n. 87, art. 8, comma 6) vi è un frequente riferimento alla didattica laboratoriale, in particolare nella declinazione degli obiettivi di apprendimento, la situazione è ben diversa nei documenti che disciplinano tanto l’istruzione tecnica quanto soprattutto quella liceale. Qui il richiamo è ancora ad un uso consolidato e standardizzato del laboratorio, come appendice esterna al lavoro teorico condotto in classe. Dunque, un «percorso incompiuto» che evidentemente dovrà essere ripreso e sperimentato operativamente soprattutto in quelle discipline che si sono storicamente autoescluse da un approccio laboratoriale. Un altro ordine di questioni riguarda le competenze. Il glossario tecnico posto in appendice alle Linee guida definisce le competenze – sulla scorta della «Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente» (2008/C 111/01 -) – come la «comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. Nel contesto del Quadro Europeo delle Qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia».

 

Come definire la Didattica Laboratoriale

La didattica laboratoriale non è un’esperienza finalizzata al lavoro. È molto di più. Intanto essa prevede una ricollocazione delle conoscenze in comportamenti cognitivi di lunga durata, introiettati e assimilati (che cosa altro sono le competenze se non saperi metabolizzati che vengono riapplicati con intelligenza e consapevolezza in contesti diversi?). La principale di queste competenze, e anche la più trasversale alle discipline, è ovviamente quella linguistica: che ingloba e contamina di conseguenza tutte le altre, dalla matematica alle scienze, dalla filosofia fino alle tecniche. La risoluzione dei problemi e l’argomentazione del discorso sono diramazioni ed estensioni della competenza linguistica, fino al punto che molte delle carenze nelle discipline scientifiche o nel problem solving dei nostri studenti derivano da carenze strutturali di comprensione del testo, della sua logica interna, delle sue articolazioni. Nel vecchio modello trasmissivo l’apprendimento è stato concepito come un processo individuale e vissuto in maniera quasi esclusiva a livello soggettivo. Ora, scrive Bruner, «la tradizione pedagogica occidentale rende poca giustizia all’importanza dell’intersoggettività nella trasmissione della cultura» (La cultura dell’educazione, Milano, Feltrinelli, p. 34). Ma come si raccorda questo vecchio paradigma dell’apprendere da soli, seduti al proprio banco, con l’esigenza di una (nuova) didattica laboratoriale in classe? Una risposta ovvia – scrive ancora Bruner – potrebbe essere che [la classe] è un luogo in cui, fra l’altro, le allieve e gli allievi si aiutano a vicenda nell’apprendimento, ciascuno secondo le proprie capacità. È evidente che questo non esclude la presenza di qualcuno che svolge il ruolo di insegnante. Significa semplicemente che l’insegnante non ha il monopolio di questo ruolo, perché anche gli allievi contribuiscono a creare le impalcature che servono di supporto agli altri. L’antitesi è il modello della “trasmissione”, spesso ulteriormente esagerato dall’enfasi posta sulla trasmissione di “contenuti”. Nella didattica laboratoriale lo spazio-classe – che qui intendiamo anche come luogo aperto, destrutturato rispetto alle sue delimitazioni tradizionali (i banchi, la cattedra, la lavagna) – diviene uno spazio generativo e creativo, semplicemente rovesciando il punto di osservazione e il coordinamento dei modi dell’insegnare: attraverso uno stile didattico che agisca per linee orizzontali; cercando di attivare l’empatia verso i contenuti attraverso la curiosità che si sposta sui contenitori, sugli oggetti da produrre, sulle conoscenze da rendere operative. Impiegare in classe una didattica di tipo laboratoriale significa:
  • liberare il modello laboratoriale dall’enfasi attivistica e spostare l’accento sul momento cognitivo, sulle dinamiche cooperative e collaborative
  • conferire al modello didattico una dignità piena e riconoscibile rispetto ad altre modalità di insegnamento/apprendimento, come ad esempio la lezione frontale;
  • inserire l’impiego e il ruolo delle tecnologie secondo un dosaggio controllato e finalizzato: alla consultazione e alla ricerca, alla condivisione, alla comunicazione docente-docente e docente-alunni, alla realizzazione di oggetti e prodotti digitali, oppure di esperienze operative collegate alle unità di apprendimento e all’indirizzo dei percorsi formativi dei Poli Tecnico Professionali;
  • declinare il modello nel quadro di un’intelaiatura che operi per competenze, presupponendole come obiettivo ma anche come strumento di lavoro (es.: un gruppo di alunni adopera le proprie competenze linguistiche per predisporre il foglio informativo di una parte del progetto; oppure per riadattare in italiano moderno un testo antico; per simulare un’attività di marketing strategico dell’esperienza, ecc.).

 

La Didattica Laboratoriale è un complesso di metodologie

In questo senso, essa raccoglie e sintetizza numerose componenti:

Relazionali

Un nuovo ruolo del docente attraverso un atteggiamento di mentorship propositiva, incoraggiante, di supporto ad un’esperienza che si prefigura come trasversale alle discipline e come costruzione collaborativa del processo formativo.

Didattiche

La Didattica Laboratoriale tende a costruire nella classe una diversa configurazione del setting scolastico che rompa la tradizionale impostazione della lezione frontale, del metodo istruzionale e di un apprendimento individuale. Diventano fondamentali da questo punto di vista la disposizione degli spazi (per gruppi e aree di lavoro); l’organizzazione del tempo della lezione e dell’orario scolastico (compresenze, concentrazione di esperienze di Didattica Laboratoriale per fasi di sviluppo curricolare nel corso dell’anno scolastico); la rifinalizzazione dei contenuti in un apprendimento per competenze, mediante la curvatura e la destrutturazione dei curricoli disciplinari di base sugli indirizzi specifici della scuola, su quelle aree cioè su cui insistono gli interessi e la mission dell’organizzazione scolastica.

Strumentali

La mediazione delle tecnologie e la loro ibridazione – anche attraverso il fenomeno del BYOD – risulta determinante ai fini di una costruzione e realizzazione di prodotti che vadano nella direzione dell’innovazione didattica e della risemantizzazione di saperi disciplinari finora inglobati dentro la struttura del manuale scolastico e di una didattica trasmissiva.Partire da una ricognizione preliminare sulle tecnologie disponibili nelle classi (c’è una LIM? È presente un collegamento wi-fi?) per progettare situazioni e configurazioni ad hoc della Didattica Laboratoriale.

Progettuali

la Didattica Laboratoriale richiede una diversa consapevolezza riflessiva da parte dei docenti nella progettazione di percorsi laboratoriali in classe: nella definizione di finalità generali e obiettivi di apprendimento; nella descrizione e rappresentazione della sceneggiatura didattica; nell’organizzazione del lavoro con gli studenti; in una diversa modalità di effettuare forme di valutazione individuale e di gruppo.

Risorse e strumenti:

 

Padlet - Uno strumento da utilizzare in classe

Creato con Padlet

 

La Didattica Laboratoriale e il focus sulle competenze

Il focus sulle competenze rappresenta una premessa indispensabile per comprendere la natura e i possibili sviluppi della Didattica Laboratoriale. In più direzioni:

Contestualizzare le conoscenze

I risultati di apprendimento che vengono indicati nelle Linee guida rappresentano un orizzonte «a banda larga» dei contenuti che possono essere veicolati per il loro raggiungimento. I contenuti necessitano quindi di una adeguata contestualizzazione affinché le conoscenze e le abilità si traducano – in quel contesto territoriale e sociale, in quella classe di alunni – in competenze spendibili e capitalizzabili.

Superare la frammentazione dei saperi

La logica delle discipline intese come compartimenti separati è incompatibile con obiettivi di apprendimento declinati sulle competenze. Pertanto si rende indispensabile una comunicazione tra le discipline, in modo da superare la vecchia frammentazione dei saperi e valorizzare la logica della trasversalità delle conoscenze, vero e proprio presupposto di un apprendimento per competenze.

Simulare ambienti di apprendimento riconducibili a situazioni operative

La natura delle discipline non risponde più ad un puro e semplice dominio dei contenuti, ma si configura piuttosto come un corredo di metodologie per apprendere e per trasferire questo apprendimento in altri ambiti e contesti (imparare ad imparare). È questo un passaggio chiave per comprendere la validità della Didattica Laboratoriale come metodo per simulare ambienti di apprendimento riconducibili a contesti situati, funzionali ad un rispecchiamento dell’allievo in quella determinata esperienza che il laboratorio in classe è in grado di ricostruire.

Gli scenari educativi per la Didattica Laboratoriale

Nella Didattica Laboratoriale – in particolare in quelle discipline di base (italiano, matematica, scienze) che costituiscono una criticità evidenziata dalle rilevazioni nazionali e internazionali – occorre strutturare percorsi che possano suscitare un nuovo interesse per l’insegnamento e l’apprendimento. Attraverso quale metodologia è allora possibile agire a livello di un vero e proprio laboratorio di classe, attraverso operazioni concrete, manualità, collaborazione e condivisione, senza perdere di vista il nesso con materie e contenuti tipicamente astratti e concettuali? Una delle strategie che abbiamo utilizzato nel percorso sul Ragazzo selvaggio dell’Aveyron è quella dei cosiddetti scenari educativi.

Uno scenario è il risultato di due dimensioni e condizioni che agiscono in modo parallelo:

  • il disegno narrativo che l’insegnante elabora nella progettazione dell’attività, secondo uno schema-modello di narrazione che comprende lo sviluppo e lo svolgimento del lavoro, i materiali e gli strumenti che verranno utilizzati, le tecnologie di supporto, la metodologia didattica impiegata (lavori di gruppo; affidamento di incarichi; peer education; riunioni di verifica e di socializzazione del lavoro, ecc.), la verifica e la valutazione.
  • la simulazione di un contesto operativo attraverso la rappresentazione di una realtà che potrebbe accadere in un contesto lavorativo: lo scenario, in questo caso, riproduce una sorta di gioco di ruolo, prefigurando però uno sbocco e una finalità che riconducono al proprio indirizzo di studi, riportando le discipline dentro una cornice di senso che riattivi l’interesse e la motivazione degli allievi.